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DARIO SANSONE – Intervista su “Santo Sud”

DARIO SANSONE – Intervista su “Santo Sud”

In occasione dell’uscita dell’album “SANTO SUD” ho intervistato DARIO SANSONE.

Santo Sud è il tuo primo album da solista. Cosa ti ha spinto a intraprendere questo percorso al di fuori dei Foja?
È stata una spinta naturale nato dalla necessità di dare spazio a delle canzoni che avevano un’urgenza diversa, una voce più intima, che chiedevano un abito differente. Era arrivato il momento di mettermi in discussione in modo nuovo. Di ri/esordire.

Il disco è un crocevia di culture sonore: pizzica, ritmi africani, arabeggianti. Come hai costruito questo dialogo tra i Sud del mondo?
Il suono di Santo Sud è nato per attrazione, per affinità emotiva. Ho seguito le suggestioni che arrivavano dai brani e ho lasciato che mi portassero dove dovevano andare. I Sud del mondo, pur così diversi, parlano linguaggi comuni attraverso il ritmo, dolore, il riscatto. Questo disco prova a metterli in dialogo senza forzature, con rispetto.

Hai registrato tra Napoli e Parigi. In che modo queste due città hanno influenzato il tuo lavoro?
Napoli è il mio cuore, Parigi è stato il respiro. Avevo bisogno di staccarmi dalla comfort zone, e Parigi mi ha regalato una nuova prospettiva, un’apertura culturale che ha lasciato un segno anche nella produzione del disco. Napoli invece è l’origine di tutto, anche quando resta in sottofondo, è la casa.

Il singolo SOLE è una preghiera contro la guerra. Com’è nato questo brano e perché hai scelto di includere la poesia di Tawfiq Ziyad?
SOLE è nato da un sentimento di impotenza, di dolore davanti a ciò che sta accadendo nel mondo. Ho scelto le parole di Tawfiq Ziyad perché portano con sé un’urgenza universale, una richiesta di dignità per un popolo, quello palestinese, che travalica il tempo e lo spazio. È una preghiera laica, un grido che volevo far arrivare in modo diretto e sincero.

In La Nostra Canzone racconti un amore che lascia il segno. Quanto c’è di autobiografico nei testi di questo disco? Altra canzone d’amore è Mamma, temi diversi, ma un filo comune?
C’è tanto di me, ma non sempre in modo esplicito. Ogni canzone è come un frammento, una polaroid emotiva. La Nostra Canzone parla di un amore vissuto con intensità che si confronta con un modo di vivere i sentimenti più universale, mentre Mamma è una richiesta di senso, di protezione carica di tensione.

Santo Sud non è solo un album: è anche uno spettacolo teatrale e un libro illustrato. Come hai lavorato alla costruzione di questo progetto così trasversale?
Ho seguito un’esigenza naturale: mettere insieme tutte le mie anime. Musica, disegno, parola. Lo spettacolo teatrale è nato come naturale estensione del disco, per raccontarlo in modo più completo. Il libro, il Poetry Sketchbook, è il diario visivo e testuale di questo viaggio.

Nel Poetry Sketchbook c’è spazio per disegni, parole e canzoni. Cosa rappresenta per te il disegno rispetto alla musica?
Per me il disegno è un altro modo di dire la stessa cosa. A volte arriva prima della musica, altre la completa. È un linguaggio silenzioso, ma potentissimo, che riesce a raccontare ciò che le parole non riescono a dire. E viceversa.

Il tema delle radici e del distacco ritorna spesso nei tuoi brani. Che rapporto hai oggi con la tua Napoli?
Un rapporto profondo e irrisolto. Amo Napoli, ma per ritrovare questo amore ho dovuto allontanarmene. Solo da lontano ho potuto rivederla per quella che è: splendida e feroce, piena di contraddizioni, come tutte le cose vere.

Hai collaborato con Seb Martel e César Urbina: com’è stato lavorare con due produttori internazionali? Cosa hanno portato al tuo suono?
È stato un incontro felice e stimolante. Seb ha portato delicatezza e visione, ha saputo spogliare le canzoni per farle respirare, mi ha portato in territori nuovi e sperimentali, inoltre è entrato nel mio cuore diventando un amico vero. César ha dato il suono all’album arricchendolo e mettendo a disposizione dell’album la sua grande esperienza. Entrambi hanno avuto rispetto per la mia identità, ma anche il coraggio di portarla altrove.

Se dovessi descrivere Santo Sud con una sola parola, quale sceglieresti e perché? Io mi sono innamorato di Where is my place? e della titletrack Santo Sud, cosa ne pensi? Se tu dovessi indicare un tuo pezzo preferito, cosa segnaleresti?
Direi “verità”. È un disco vero, senza filtri, senza orpelli. Where is my place? è l’inizio del viaggio, un brano a cui tengo molto che mette in chiaro che è un album che richiede cura e attenzione, anche io amo la titletrack Santo Sud, mi ha indicato la rotta da seguire, l’atmosfera dell’album. In generale peró è complesso scegliere una sola canzone, forse suggerirei ‘Na poesia e ‘na jastemma che racconta bene i contrasti dell’album.

Che reazione ti aspetti dal pubblico di fronte a un progetto così intimo e allo stesso tempo universale?
Mi auguro che il pubblico si senta accolto. Questo disco è personale, ma dentro ci sono domande che credo appartengano a tutti. Spero possa far sentire meno soli, in un tempo in cui tutti abbiamo bisogno di connessioni vere.

Cosa c’è nel futuro di Dario Sansone: tornerai presto con i Foja o continuerai a esplorare nuove strade soliste?
I Foja sono parte di me e continueranno ad esserlo. Ma questa esperienza solista mi ha aperto nuovi spazi creativi che voglio esplorare ancora. Non è una scelta tra le due cose, è un ampliamento del mio orizzonte artistico.

MAURIZIO DONINI

Band:
Dario Sansone

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