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CLAUDIO SIMONETTI – Intervista a ruota libera su Goblin e dintorni da  Profondo Ros …

CLAUDIO SIMONETTI – Intervista a ruota libera su Goblin e dintorni da  Profondo Ros …

Claudio Simonetti Goblin 02

Ciao Claudio, grazie del tempo che ci dedichi, è un periodo che mi capita di intervistare i miti degli anni ’80, dopo Gazebo ora ho il piacere di conoscerti, e dopo avere parlato con Paul qualche sera fa, ora dobbiamo dire che anche per Te le radici musicali affondano nel prog anni ’70, dai Gentle Giant ai Genesis.
Beh, innanzitutto mi fa piacere essere annoverato tra i miti, con Paul siamo amici, siamo stati anche in America assieme. Per quanto riguarda il prog penso sia venuto il momento, mi ricordo che negli anni ’90 dissi ad un mio amico musicista che allora andavano di moda gli anni ’60, vedrai che un giorno verrà il momento del prog. Anche perché quelli degli anni ’60, purtroppo, non ci sono più, né cantanti, né come tipologia di pubblico, ma la cosa straordinariaè che a differenza di noi, i cantanti degli anni ’60 erano tutti seguaci della loro età, li conoscevano solo quelli della loro età. Noi invece passiamo da quelli della nostra età ai giovani.

Sì, Paul è uscito con un nuovo bellissimo album,  c’è tutta una riscoperta del prog degli anni ’70, i Novembre sono tornati anche loro ultimamente, uno dei periodi più fecondi della storia musicale.
Certo, meno male. Negli anni ’90 aprivi la tv e trovavi Toto Cutugno,   Jimmy Fontana, Little Tony, Bobby Solo, era il pubblico degli anni ’60 che seguiva i loro beniamini. Questi sono diventati troppo vecchi o od in parte purtroppo deceduti. Mi chiedo piuttosto, come diceva la canzone, cosa resterà di questi anni? Credo che il declino sia cominciato proprio con gli anni ’90, non c’è stato più niente di innovativo, io immagino che fra 30 anni la gente continuerà ad ascoltare YMCA piuttosto che Beyoncé, parlo della dance, Elvis Presley non morirà mai, ma come i Beatles o i Rolling Stones, oggi dove sono gruppi come quelli? Io sono nato con quella musica lì, a 12 ascoltavo i Rolling Stones, però poi negli anni ’80 anche io mi sono dedicato alla dance, con il declino del prog, un nome che poi allora non esisteva, noi lo chiamavamo semplicemente rock, pop-rock. Infatti non c’era un festival prog, c’era il festival pop di Caracalla o Villa Pamphili ad esempio.. Io ho continuato a fare le cose che facevo prima, scrivere e comporre, dopo i Daemonia, un gruppo metal che abbiamo suonato assieme, poi sono tornato alla mia nuova versione dei Goblin. I miei primi gruppi favoriti erano i Procol Harum, i Genesis, poi se vai a vedere l’heavy metal viene da quella musica lì, Deep Purple e via. Era difficile anche catalogare allora, i Jethro Tull con i Gentle Giant e con i King Crimson, non c’entravano niente, non era rock, ma anche questa distinzione non è esatta. Il vero rock è quello degli anni ’50, poi è diventato hard-rock e cose del genere.

Poi i King Crimson erano veramente particolari con le loro sperimentazioni.
L’altro giorno mi riascoltavo In the Court of the Crimson King, uno degli album più belli della storia della musica.

Sei diventato famoso con le colonne sonore di film horror, da Dario Argento e Romero, amavi proprio quel genere di film?
Sì, fin da bambino andavo a vedere i films di horror e fantascienza, Dracula e tutti questi films come quelli di Dario Argento, poi mai avrei pensato di lavorare con lui un giorno, poi è stato appunto un caso trovarsi a fare le colonne sonore.

Alla fine comporre le colonne sonore di questi films è stato un poco come coronare un sogno.
Ma io non posso neanche dire che è stato coronare un sogno, noi neanche ci immaginavamo di fare quello, è stata una botta di fortuna clamorosa che ci ha dato questa possibilità. Il nostro sogno era di diventare famosi come gruppo pop, rock, progressive, come altri dell’epoca. Volevamo esordire con i nostri mezzi, che era un poco una chimera perché non ci si poteva mettere a confronto con quei gruppi lì. Che avevamo comunque 2-3 anni in meno,che sembrano pochi, ma in realtà sono tanti, una generazione intera. Noi tutti siamo cresciuti emulando quei gruppi là poi abbiamo trovato il nostro modo di fare ed a nostra volta siamo stati poi imitati da altri gruppi nel mondo.

Secondo molti discografici fare un disco strumentale in Italia è una cosa un poco folle, contrariamente a quanto accade all’estero.
Adesso il mercato è in crisi un poco tutto, figuriamoci poi chi fa solo musica strumentale, che poi non è neanche vero, perché all’epoca c’erano artisti che facevano solo musica strumentale, ma vendevano milioni di dischi, basti pensare a Jean-Michel Jarre o Fausto Papetti, che con il sax rifaceva i pezzi famosi. Pianisti come Richard Clayderman che vendevano tantissimo, era questione di avere il pezzo giusto nel momento giusto.

Beh, voi avete venduto 4 milioni di copie di Profondo Rosso, di cui l’ho comprata io, direi che è stato un bel successo.  Dopo 40 anni suonare ancora questo pezzo che emozioni porta? Anche in versioni diverse?
Inaspettato ed insperato, ma sicuramente un grande successo. Non è che lo riportiamo in giro, sono 40 anni che suono dal vivo Profondo Rosso, con la versione originale, quella dance, quella metal con i Daemonia, tante versioni particolari, anche se è un fenomeno molto italiano. All’estero non lo è tanto, i films più famosi sono due, Suspiria, tanto è vero che in Giappone fecero uscire un seguito chiamandolo Suspiria parte seconda, e Zombie di Romero.

Il grande successo di Profondo Rosso può avere influito sulla vostra carriera identificandovi fin troppo con questa singola canzone e facendo passare in secondo piano altre eccellenti produzioni?
Forse sì e forse no, quando abbiamo fatto Suspiria, anche se non ha venduto come Profondo Rosso, è stato un successo a livello mondiale, mentre Profondo Rosso no. Profondo Rosso è stato un fenomeno italiano, mentre Suspiria e Zombie hanno venduto molto di più all’estero. Quando faccio i concerti suono Phenomena, Opera, Demoni, ma quando arriva Profondo Rosso è sempre il top, un poco come Piccolo Grande Amore per Baglioni no?

Poi sei passato da un estremo all’altro, da Profondo Rosso a Gioca Jouer con Cecchetto?
Il cantante non compositore è penalizzato, perché lui diventa famoso, ma i pezzi li scrive un altro, a lui li scriveva John Bini, uno che ha scritto I Like Chopin, Dolce Vita, ha fatto tanti successi. Forse è giusto ricordare anche John Bini come autore del brano, gli autori spesso vengono messi da parte, ad esempio Gioca Jouer è un pezzo mio e non lo sa nessuno, perché poi Cecchetto l’ha sempre promozionato come pezzo suo, lui ha fatto il testo ed io la musica, ma questo è normale. I cantanti non compositori sono molto penalizzati, lo stesso Gianni Morandi è diventato quello che è avendo grandi autori, a differenza di noi che siamo diventati quello che siamo scrivendo i nostri pezzi.

Hai fatto anche diverse partecipazioni televisive.
Sì è vero anche perché anche per il fatto di mio padre, anche se non l’ho mai voluto emulare, anche perché lui era unico ed inimitabile, io ho avuto la fortuna di avere successo quando lui era ancora vivo, io non sono mai stato quello che voleva imitare il padre. Questa è un poco il problema dei figli d’arte, che facendo lo stesso genere del padre vengono poi paragonati, invece io facendo un genere completamente diverso non ho mai avuto termini di paragone con lui e non abbiamo mai fatto neanche programmi televisivi assieme. Si è saputo che ero il figlio di Enrico dopo che lui non c’era più, poi ho fatto vari programmi in tv con Magalli e altri, ma non mi sono mai trovato a mio agio. La televisione è un’arma a doppio taglio, ti dà fama e notorietà, ma poi ti fagocita e nel momento che non vai più in televisione si dimenticano di te, questo lo diceva anche Maurizio Costanzo. Non mi sono mai reso schiavo della tv, quando ho smesso non ho avuto nessun problema.

Allora voi andavate in tv perché eravate famosi, oggi vai in tv e poi diventi famoso.
Allora dovevi avere talento ed avere una casa discografica dietro per andare in tv, oggi ci sono questi talent che il successo poi tocca ad uno su cento. Non c’erano poi i media, per farti conoscere c’era un tambureggiante, ascoltavi la musica, leggevi le riviste, per questo poi andavi a comprare il disco dei Genesis, tutti fenomeni che oggi non esistono più.

Di questo universo della musica digitale che opinione ti sei fatto?
La musica digitale ha creato un mondo nuovo ed ha distrutto però quello vecchio, la discografia è morta, la gente si compra un poco di vinili per collezionismo, ma è sicuro che i grandi numeri non si fanno più. Allora si vendevano 500.000 copie subito, oggi se ne fai 100-150.000 è già un successo. Io da anni mi produco da solo, so cosa faccio, so cosa vendo.

Il terzo fenomeno odierno sono i social, che rapporto hai con questi media?
Se ne parla, se ne parla, poi però alla fine non si compra niente. Mi scrive tanta gente chiedendomi dove e quando suonate, poi dicono bene bene ci vediamo lì, poi non vengono. La gente è così, è diventato il mondo del nulla, Facebook, Twitter, questa roba qua. Ci sono dei fenomeni che sono inspiegabili, suoneranno a settembre i Cure e sono sold-out da dicembre, la gente si lamenta del costo dei biglietti poi pagano, che ne so, 80-90 euro per andare a vedere i Cure, tanto per dire una cifra. Gli U2 a Roma costavano 300 euro, se io amassi un artista e mi fa pagare 110 euro per andarlo a vedere gli sputo in faccia, non ci vado. Non c’è bisogno di far pagare tutti questi soldi, vanno bene 40-50 euro, dopo diventa ruberia, è anche vero che adesso questi qua vanno in giro con un circo equestre, a questo punto qua non so cosa servano tutte queste cose fantasmagoriche, alla fine lo devi ascoltare. Io credo che il posto ideale per un concerto sia il Teatro, non ci sarà lo schermo atomico, ci sono solo quattro luci, ma è proprio per questo che ascoltandolo resti emozionato. Poi contenere i costi e suonare tantissimo in giro.

Adesso cosa ti piace ascoltare?
Io ascolto veramente di tutto, non ho nessuna preclusione, l’ultimo cd che ho acquistato è stato quello nuovo dei Dream Theater,  anche se non mi fa impazzire, poi i duetti di Jean-Michel Jarre, i Coldplay ed i Duran Duran. Ma anche gli Slipknot, quando li ascolto trema casa, ma a me mi ha fatto ridere Carl Palmer, il batterista di Emerson Lake & Palmer, da ottobre vado in tour con lui, questa è una novità, facciamo un concerto assieme, lui fa le sue cose in trio ed io con i miei Goblin, un concerto di tre ore. Ma ti faccio ridere, Palmer mi ha detto “io non sono mai stato un batterista prog”, lui suonava con gli Asia ad esempio, e sai cosa ascolta lui in macchina? Eros Ramazzotti, mi ha fatto morire, ha detto che lui vorrebbe suonare con Eros, vedi all’estero come sono diversi i gusti?

Pensiamo a Patton che suonava nei Mondo Cane, non fossilizzarsi su un unico genere, il pubblico magari ti identifica con il prog e pensa che tutta la vita farai e suonerai solo quel genere.
E sai che palle, mi piacciono molto Elio e Le Storie Tese che mettono assieme tanti generi diversi, loro sono veramente geniali, i Frank Zappa italiani, sono talmente bravi e fuori dalle righe che non credo ci sia nel mondo intero un gruppo bravo come loro, senza togliere niente a nessuno, ma sono veramente bravi. Il loro limite è stato di cantare solo in italiano,se avessero avuto una voce inglese avrebbero fatto sfracelli.

MAURIZIO DONINI
Photoset by ANDREA NASCETTI