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BERNARDO LANZETTI – Intervista alla voce del progressive rock

BERNARDO LANZETTI – Intervista alla voce del progressive rock

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Intervistare Bernardo Lanzetti è una bellissima esperienza, non solo perché ha impreziosito album di band storiche come Acqua Fragile e P.F.M, ma anche come i più recenti Mangala Vallis, ma anche perché ci spiega come usa la sua voce, come uno strumento. Di seguito le sue parole.

Ciao Bernardo, è un vero piacere ospitarti sulle nostre pagine. Inizierei subito chiedendoti perché la decisione di far uscire in digitale “I Sing The Voice Impossibile” e non una ristampa in cd o addirittura in vinile visto il nuovo interesse?
Il vinile non è escluso in un prossimo futuro ma, in questa precisa occasione è stato logico e opportuno privilegiare il digitale in quanto la maggior parte delle esecuzioni e performance di “i Sing The Voice Impossibile” sono derivate dalla lettura digitale delle informazioni contenute in linee vocali monofoniche. Per capirci, contenuto armonico, volume, vibrato, quantità di fiato emessa etc. sono stati indirizzati, in prevalenza, a sintetizzatori o processori digitali pur non escludendo apparecchiature analogiche.

Cosa ne pensi di questa voglia di vinile?
Dopo la “truffa” del CD spacciato come il non-plus-ultra per la fruizione della musica, sono molto favorevole al vinile, anche per un motivo che in pochi evidenziano. Quando il disco è un pò rovinato, i rumori ciclici che si sentono mandano questo messaggio subliminale: “amico mio, questa non è l’essenza della musica ma solo un suo supporto fonografico…”

Raccontami un pò il processo compositivo di quell’album e il significato di titolo e testi.
Dal punto di vista della “time signature” ho spesso lavorato sui tempi dispari sovrapponendoli a battute pari. In aritmetica elementare, 4 battute di 5/4 sono come 5 battute di 4/4… Dal punto di vista armonico, le composizioni risultano piuttosto scarne e asciutte. Questa scelta è stata per sottolineare come la voce sia lo strumento monofonico per eccellenza ma come, allo stesso tempo, sia in grado di “eccitare” accadimenti musicali molto variegati. Le melodie sono melanconiche ma affiancate a “scherzi” quasi goliardici. I testi sono minimalisti con vaghi riferimenti letterari come se fossero ispirati a poeti sconosciuti. Nel campo della strumentazione ho usato apparecchiature all’avanguardia per quell’epoca.

Torniamo indietro nel tempo, gli Acqua Fragile, cosa ricordi di quel periodo?
La domanda sottintende la non conoscenza del fatto che il gruppo, con il terzo album ”A New Chant”, pubblicato nel 2017 dall’etichetta britannica “Esoteric”, è tornato in attività anche con apparizioni live. La nuova formazione, oltre agli storici Franz Dondi/basso, Piero Canavera/batteria e il sottoscritto voce/chitarra, comprende Stefano Pantaleoni/tastiere. Claudio Tuma/chitarra e Rossella Volta/vocalist.

Si, so della reunion e l’album è molto bello, ma intendevo parlare proprio degli esordi della band. Nella PFM hai portato un pò di internazionalità in più in “Chocolate Kings”, un pò di jazz rock in “Jet Lag”, poi l’inizio di una parentesi più commerciale con “Passpartù”. Ricordi?
Il mio primo album con loro è stato “Chocolate Kings” quando già, attraverso la Manticore di Emerson, Lake & Palmer, si stava costruendo un ponte con l’estero. Quello che mancava alla band era un vero cantante con una certa vocalità e un frontman con buona conoscenza della lingua inglese. E’ “Photos Of Ghosts”, il mio album preferito della PFM, prima maniera, vedeva ancora la formazione originale, addirittura con Giorgio “Fico” Piazza al basso.

Cosa mi dici invece dei Mangala Vallis? Perché non ne fai più parte?
Molto bella l’esperienza con i Mangala Vallis la cui musica mi ha riconciliato con il prog. Dopo il sofferto abbandono del tastierista originale Enzo Cattini e i concerti all’estero, l’equilibrio nella band è però cambiato in modo radicale e ogni mia nuova proposta musicale veniva ostacolata. La decisione di abbandonare la formazione fu per me una conseguenza naturale.

Hai inventato il Glovox, quel guanto particolare. Come hai avuto l’idea?
Tutti i prototipi di apparecchiature Voice-to-Midi usavano il microfono per captare la voce. Ora, questo sembra assolutamente ragionevole ma, in pratica, su un palco, in mezzo a altri strumenti più o meno amplificati, il microfono viene investito da una gran quantità di suoni estranei alla voce e di conseguenza è impossibile, anche per un computer sofisticato, dare risposte rapide sul contenuto armonico analizzato. Ho pensato quindi di prendere il segnale della voce, vicino alla zona ove è creata, ovvero nei pressi della gola, investita dal vibrare delle corde vocali. Per gestire due microfoni a contatto, li ho montati su un guanto morbido che posso portare al collo e cantare in totale isolamento rispetto all’ambiente circostante. Per circa vent’anni, malgrado la mia
partecipazione a prestigiosi simposi a Londra e a Basilea, in Italia sono stato quasi deriso e comunque mal sopportato, fino ai giorni nostri quando in molti chiedono di potermi vedere all’opera con il mio Glovox.

Ti ho visto usarlo in un concerto a Roma a Stazione Birra qualche anno fa e mi ha molto colpito. Ricordi quella serata?
Come posso dimenticarla visto che non fummo neppure pagati?

Non volevo smuovere acque, cambio domanda. Nella bio inviatami parlando dell’album del 1998 si dice “la voce è totalmente protagonista: la voce non solo come “Soggetto” e “Oggetto” ma anche come “Controller”. Puoi spiegarmi meglio?
E’ naturale che la voce sia il soggetto principale di una composizione con interventi vocali. E’ facile comprendere come questa voce possa anche descrivere sé stessa se l’argomento è la vocalità. Più originale è essere investiti da accadimenti sonori provocati o propiziati dalla voce. All’inizio del brano “It Ot Ecnad Out Nac”, ad esempio, si sente il fraseggio libero di un sintetizzatore. Ebbene sono io che sto canticchiando e la mia voce controlla un synth…

Nel nuovo millennio tre album “Eclecticlanz”, “Dylanz” e “Blueslanz”, titoli particolari ma uniti, il loro significato?
Influenzato dai trittici dell’arte figurativa, avevo pensato di crearne uno a livello “discografico”. Il suffisso “LANZ” estrapolato dal mio cognome è inteso a collegare tre mondi musicali diversi ma pur sempre territori in cui mi riconosco.

Hai in progetto un nuovo album?
Ho terminato un nuovo album “solo” con diversi ospiti illustri tra cui Jonatha Mover/batteria (Joe Satriani e GTR), David Jackson/sax (Van Der Graaf Generator), David Cross/violino (King Crimson) e Tony Levin/basso e stick (King Crimson, Peter Gabriel).

Altri progetti futuri?
Con gli Acqua Fragile Fragile sto lavorando al nuovo album, il n. 4, giusto interrotto alla creazione della prima zona rossa!

Cosa pensi di quello che stiamo vivendo oggi e come lo supereremo?
Sto terminando di scrivere le risposte alla tua intervista alla vigilia della fase 3 in Italia. Pur bloccato e segregato all’estero, ho avuto modo di scuotere la testa per come molti paesi abbiano sottovalutato il fenomeno ma ho anche potuto apprezzare, in generale, la disciplina e la compostezza con cui in Italia è stato vissuto il lockdown. Un pò deluso per come gli artisti non abbiano usato il loro tempo libero per elaborare nuove tecniche e strategie per iniziare a rinnovare, dalla base, il rapporto con la musica nel senso più completo del termine. Su come supereremo il tutto, al momento, è importante rilevare come molte informazioni vitali siano ancora sconosciute e confuse così che non è possibile formulare certezze future.

In questo lockdown, ti manca il palco?
Da anni, non è mai il palco che mi manca e che io ritrovo sempre comunque nel mio cuore e nella mia testa. Quello che mi manca è un pubblico attento, sufficientemente colto, insensibile ai media generalisti e permeabile alle emozioni.

Grazie del tuo tempo e ti lascio spazio per concludere a tuo piacimento l’intervista.
Grazie a te e a Tuttorock per l’opportunità.

FABIO LOFFREDO