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ASYMMETRY OF EGO – Intervista alla band

ASYMMETRY OF EGO – Intervista alla band

Asymmetry Of Ego

Niente rockstar per i tempi moderni, ma nemmeno indie. Simone Carbone, voce del gruppo: “50000 persone al tuo concerto? Sei una popstar, indie un c***o!”

Trovare il proprio modo di fare musica per esprimere il proprio io con pienezza e soddisfazione. Viaggiare in una direzione ostinatamente contraria alle mode commerciali attuali per perseguire un sogno che è anche diventato ragione di vita. Potrei raccontare così, brevemente, quello che gli Asymmetry of Ego mi comunicano, specialmente dopo averli conosciuti e averne ascoltato la musica. La band genovese insieme dal 2014 non si è mai piegata a etichettamenti di genere, nonostante il rimando all’Alternative e Prog Metal sia preponderante e immediato. Gli AOE sono Simone Carbone (voce e chitarra), Paolo Valanzola (chitarra), Marco Fuliano (batteria), Davide “Medi” Medicina (basso) e Stefano Bergamaschi (synth, chitarre e cori). Attualmente il gruppo sta attraversando un’intensa fase di scrittura creativa che lo porterà a terminare parte del nuovo materiale entro la fine dell’anno. L’ultimo lavoro si intitola Forsake Beyond the Dusk, una raccolta di 10 brani dal sound tipicamente prog: “Forsake Beyond The Dusk racchiude brani con una tematica che li lega fra loro, pur non trattandosi di un vero e proprio concept album. Un lavoro che fotografa degli spaccati di quella che potrebbe essere la vita di chiunque, situazioni che portano i soggetti all’interno della storia a doversi reinventare a dover scavare nel profondo alla ricerca di un equilibrio da ottenere ad ogni costo”.

Band:
Simone Carbone – Vocals/Guitars
Paolo Valanzola – Guitars
Marco Fuliano – Drums
Davide “MEDI” Medicina – Bass
Stefano Bergamaschi – Synth/Guitars/Backing Vocals

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ASYMMETRY

Ciao ragazzi! Presentatevi, raccontateci un po’ la vostra storia. Da cosa nasce “Asymmetry of Ego”?

“Ciao! Asymmetry of Ego è una piccola realizzazione di un sogno adolescenziale sotto forma di band. È il dare sfogo all’esigenza di tirare fuori una parte di se stessi in forma di musica, senza porsi particolari barriere stilistiche, men che meno commerciali.”

Cantate in inglese: pensate sia una prerogativa del Rock o è il vostro modo per esprimervi meglio?

“Ci siamo sempre trovati a nostro agio nel tirare fuori melodie che ci piacessero attraverso l’inglese, ma sinceramente è qualcosa di totalmente naturale. Mi spiego, l’inglese non è la nostra lingua madre, ma lo è per il Rock. Il Rock è nato in Inghilterra e gli artisti che l’hanno reso il genere leggendario che è stato e che tutt’ora è, sono anglofoni. Possiamo apprezzarlo, esserne innamorati e pure produrne di buon livello, ma non fa parte della nostra cultura.”

Qual è il vostro pensiero sul panorama musicale italiano Rock?

“A livello di artisti e bands ci sono realtà meravigliose, che hanno davvero qualcosa da dire e che lasciano qualcosa a chi li ascolta. A livello di discografia parliamo di una realtà semplicemente inesistente e questo perché come dicevo la cultura rock in Italia non esiste, ci sono tanti fruitori del genere, ma in realtà in media le persone, giovani e meno giovani hanno un’idea distorta di cosa sia il Rock, spesso le band che per musica e attitudine sono davvero rock vengono catalogate come metallari o punk (un po’ a caso).
Il risultato è che quegli artisti che in quel genere riescono ad ottenere qualche piccolo traguardo, perlopiù sputando sangue, lo ottengono all’estero, dove principalmente la differenza è culturale, da lì la differenza di mezzi, diffusione, ecc…”

E sulla scena indie cosa pensate? è davvero tutto così indie?

“Anche qui occorrono dei distinguo. A livello di numeri commerciali, di Indie-Rock come in Inghilterra e non solo, in Italia non se ne sente dagli anni ‘90. C’è una roba che chiamiamo Indie, che ha il pregio di essere estremamente eterogenea, dall’artista che strizza l’occhio a Florence + The machine, al cantautore, a quello che usa un Fuzz sulla chitarra e si sente rocker, a quello con la componente più tamarra. Ma è tutto riconducibile ad un unico calderone, per moda lo si chiama indie, ma semplicemente è Pop, con colori diversi e con una pletora di artisti sicuramente interessanti, ma Pop. E non c’è nulla di male. La dimostrazione di ciò che dico è l’interesse delle majors per gli artisti “indie” di punta. Andate un po’ a vedere chi c’è dietro nelle produzioni e distribuzioni… Il concetto di indie all’origine era quello appunto dell’artista indipendente, senza etichetta e/o contratti e vincoli. Ora ci sono artisti “indie” che riempiono palazzetti o stadi, se al tuo concerto ci sono 50000 persone sei, per tua fortuna, una f*****a pop star. Indie un c***o!”

C’è chi sostiene che il rock stia morendo (o sia già morto): qual è il vostro pensiero a riguardo? Forse dire che un genere musicale “è morto” è soltanto una strategia per portarlo in auge?

“Il Rock ha milioni di fan, ascoltatori, persone di tutte le età che partono e fanno centinaia di KM appartandosi in tende per vedere un artista o scoprire festival nuovi. Se immagini un Die Hard Fan, lo immagini di una band rock come per nessun altro. Detto questo, in Italia il Rock in quanto scena non può morire perché non è semplicemente mai nato. I piccoli afflati degli anni settanta sono stati sicuramente un momento bellissimo, una piccola isola felice nata e morta 40 anni fa.”

Qual è la situazione italiana dal punto di vista dei festival rock?

“Ci sono delle realtà che contro ogni intemperie burocratica, mancanza di fondi e momento storico non proprio favorevole riescono a tenere in piedi qualcosa di meraviglioso. Sono quelle cose che ti spingono ad andare avanti e darci dentro malgrado tutto. E di ispirazione vedere chi riesce a mantenere in piedi dei festival. Ovviamente oramai non parliamo più di grandi numeri, le occasioni sono poche e le bands con la fame di farsi conoscere sono tante. È un mercato saturo.”

Nei vostri videoclip – sempre curatissimi – c’è spesso Genova: scelta ponderata?

“Semplicemente è un elemento fondamentale, fa parte di chi siamo, nel bene e nel male e non avrebbe senso nasconderlo.”

Come nasce una vostra canzone?

“Di norma si parte dall’idea di qualcuno di noi, per nostra fortuna siamo tutti abbastanza prolifici e gli input musicali arrivano indiscriminatamente da tutti. Che a volte rende la vita un po complicata sul decidere il da farsi, ma perlomeno le idee non mancano.”

Quali sono i vostri progetti futuri?

“Siamo in fase di scrittura al momento, ci stiamo un po’ modificando anche stilisticamente, in modo totalmente simbiotico e naturale con il modo in cui noi siamo cambiati come persone durante l’arco degli anni. Se tutto va bene dovremmo finire l’anno avendo perlomeno registrato una buona parte del nuovo materiale.”

GIOVANNA VITTORIA GHIGLIONE