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ANDEAD – Intervista ad Andrea Rock sul nuovo album “IV The Underdogs”

ANDEAD – Intervista ad Andrea Rock sul nuovo album “IV The Underdogs”

Dopo la recensione dell’album, oggi abbiamo il piacere di intervistare il frontman Andrea Rock sul nuovo lavoro degli Andead, e non solo.
 
Ciao Andrea, ben ritrovato. Ascoltando il nuovo disco degli Andead di cui sei il frontman, ho avuto l’impressione, come ho scritto nella recensione, che sia fortemente contaminato dal tuo ultimo lavoro solista e dalla tua passione per il folk-rock irlandese, mi sbaglio?
E’ sempre interessante vedere come la musica conduca, a seconda dei diversi ascolti, a conclusioni inaspettate. Sicuramente l’influenza folk/punk era più presente nel disco precedente (“Build Not Burn”, Rude Records 2013), in brani come “At First” e soprattutto “The Real Deal”. In questo ultimo lavoro, non mi pare che esista questo tipo di rimando…ma la percezione è sempre un discorso soggettivo.
 
Underdogs è un termine che usi spesso anche in trasmissione, ti sei mai sentito un underdog?
Ogni giorno della mia vita, fin da quando ero bambino. Ho dovuto affrontare le vicissitudini della vita partendo sempre da un gradino più basso rispetto agli altri. Anche oggi, semplicemente per il fatto che sono lo speaker di una radio pop rock nazionale, quando esco con un disco punk rock parto sempre in svantaggio, tra la diffidenza di coloro dalla mentalità ristretta.
 
Un disco che propone forti tematiche sociali e politiche, anti-war e a difesa dei diritti, curiosamente intervistando la tua alter ego, fino a poco tempo, Giulia Salvi, lei ritiene che la canzone politica abbia fatto un poco il suo tempo, tu invece ritieni che abbia ancora una sua valenza?
Tra “politica” e “sociale” ci sono molte differenze. Sono diventato attivista per i diritti umani nell’ultimo anno, anche se da tempo già collaboravo a diverse cause umanitarie. Il punk rock è un genere che non può essere scisso da ciò che avviene nel mondo. Grazie a gruppi quali Bad Religion, Anti Flag e Rise Against ho costruito la mia coscienza sociale. Credo che sia importante non trascurare questo aspetto; non dico in tutte le canzoni, ma in alcune, per me, è un’esigenza irrefrenabile.
 
Guardando i risultati dell’impegno di tanti artisti e le elezioni di Bush prima e Trump poi, viene da sorridere, forse davvero la gente non ascolta più i messaggi nelle canzoni limitandosi a consumare la musica liquida per quello che è?
E’ un punto di vista sicuramente valido, ma non è l’unico. Molti ragazzi mi hanno scritto e molte associazioni umanitarie hanno sostenuto l’importanza del messaggio nei vari ambiti artistici, tra i quali la musica in primis. Per questo motivo, per noi, è di fondamentale importanza inserire sempre i testi nel supporto fisico e nelle descrizioni dei videoclip dei nostri brani.
 
In questi ultimissimi anni il supporto fisico è letteralmente crollato nelle vendite portando gli artisti a fare molte più date rispetto una volta, questo è sicuramente un bene da una parte, portando live e gente ai concerti, dall’altro mi pare ci sia una sovrabbondanza di eventi che vanno poi a cannibalizzarsi l’un l’altro visto il costo dei biglietti. In Toscana con 3 eventi straordinari come il Lucca Summer Festival, Firenze Rocks ed il Pistoia Blues Festival, alcune date artisticamente superbe non hanno poi avuto il giusto riscontro di pubblico.
Gli artisti oggi, anche i big, per poter continuare ad esistere devono suonare il triplo rispetto a 10/15 anni fa. Il mercato si evolve e per restare “on the map” è necessario porsi nuove sfide e nuovi traguardi. Per quanto mi riguarda, io suonerei sempre di più se ne avessi la possibilità.
 
Tanti eventi enormi, i 90.000 dei Guns, i 50.000 del Firenze Rocks, i 220.000 di Modenapark, e via dicendo, al di là del successo riportato, questi mega-raduni dove alla fine si vede il live sui maxi-schermi invece che sul palco, hanno un senso a tuo parere? Più che andare a vedere, pare prevalere ‘il dovere esserci’.
Ho sempre preferito eventi di portata più piccola in quanto ti permettono di vivere il live con maggiore coinvolgimento. Il fatto di non potersi avvicinare al palco, se non pagando un prezzo superiore, lo trovo lontano da quella che è sempre stata la mia esperienza d’ascolto. I grandi eventi servono a porre l’attenzione della massa nei confronti di un genere; sta poi a ognuno di noi decidere se seguire anche le realtà più circoscritte con lo stesso interesse.
 
Con gli Andead ora vi vedremo in tour? Magari a Modenapark….
Proveniamo proprio in questo periodo da una serie di date estive che ci hanno visto sia su palchi importanti come quello del Bay Fest (a fianco di Bad Religion, Pennywise e Good Riddance) sia in contesti più “local”, ma altrettanto coinvolgenti. Continueremo a suonare fino a dicembre, per prenderci poi una pausa fino alla prossima primavera/estate dove speriamo di poter tornare in Europa.
 
Con Virgin e/o da solo, sei stato presente a tanti concerti, quello che ti è piaciuto di più? Quello che ti ha sorpreso maggiormente? Quello che invece ti ha deluso?
Ho apprezzato molto il Bay Festa da fan; al di la della nostra performance, era facile vedermi nel pit durante i live degli artisti stranieri. Quella manifestazione è stata una delle più divertenti dell’anno. Mi sono divertito molto anche a concerti più piccoli, come quello degli Interrupters della fine 2016 (il Decibel a Magenta è una vera chicca per gli amanti del punk rock), quello dei Jimmy Eat World (in apertura ai Kings Of Leon), i sempreverdi Sick Of It All… Mi ha sorpreso Kiwanuka agli Idays e ho il rammarico per non essere riuscito a vedere Vedder a Firenze. Delusione dell’anno? Rise Against. Sempre senza voce. Ed è un peccato, perchè i brani sono splendidi su disco.
 
Cosa ascolti ultimamente?
Sono molto carico per i nuovi lavori di Converge, Quicksand e Get The Shot. Passando a qualcosa di più tranquillo, nelle mie playlist è facile ritrovare Foy Vance, Imany, l’immortale Tom Waits e il maestro Ludovico Einaudi.
 
MAURIZIO DONINI

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Line Up:
Andrea Rock – Voce/Chitarra
Gianluca Veronal – Chitarra/Cori
Joe La Jena (Giol Aiena) – Basso
Casio (Alberto Casiraghi) – Batteria
 
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