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ANDEAD – Intervista a Andrea Rock su “Old but Gold”

ANDEAD – Intervista a Andrea Rock su “Old but Gold”

Andrea Rock

In occasione dell’uscita del loro quinto album “OLD BUT GOLD” ho intervistato Andrea Rock, frontman degli Andead.

Ciao Andrea, 13 anni di attività, come è iniziato il tutto e cosa è successo in questo lungo periodo? Quali cambiamenti sono avvenuti nel percorso fino ad oggi?
13 anni per una punk band che gravita nel circuito indipendente, sono tanti. Sono stati anni molto intesi, di grandissime soddisfazioni e di qualche pesante delusione (imputabile quasi esclusivamente ad un certo atteggiamento della cosca della scena alternativa italiana). Siamo un gruppo che si sente costantemente sotto esame e proprio per questo motivo, ogni anno e ogni produzione ci sono serviti per migliorare e a raggiungere lo status odierno. 

Il concept dell’album è incentrato sul tempo che scorre, è un argomento che senti particolarmente in questo momento?
Credo sia normale cominciare a sentire il peso degli anni…Mi sono innamorato del punk rock a 14 anni e ne ho oggi 37; significa che questa musica ha caratterizzato più della metà della mia vita e i valori che veicola e ha veicolato attraverso le canzoni dei gruppi che amo, sono ancora quelli che mi guidano nelle scelte personali e professionali. In questo disco, riflettiamo proprio su questo processo di identificazione con quei valori, nel corso del tempo. 

Non mancano i passaggi sui rapporti personali e i problemi dati dal difficile equilibrio da trovare tra lavoro e vita personale, che visione hai di questo aspetto? Se dovessi tornare indietro, tu che hai una vita professionale molto intensa, rifaresti le stesse scelte?
Ho sacrificato molto sul paino dei rapporti personali per perseguire il mio obiettivo di essere una voce per un certo tipo di musica in Italia; i primi dieci anni (fino circa ai 27) sono stati i più difficili, ma serviva dare priorità ad un processo di affermazione che si stava consolidando. Ovviamente rifarei ogni cosa, forse calibrando la fiducia che ho riposto in alcune persone che poi mi hanno deluso. Ma fa tutto parte del sistema; un sistema che vorrei combattere attraverso la positività e la propositività. Non è facile; ho ancora molta strada da fare.

 Altro tema toccato è quello dei diritti umani come il caso di Nasrin Soutodeh, la donna seviziata in Iran, il popolo ha, alternativamente può, influire sulle scelte dei governi?
Se non credessi che il singolo può fare la differenza, allora avrei fallito come attivista di Amnesty International. Proprio da quando ho iniziato a sostenere internamente la causa dei diritti umani, ho avuto modo di verificare in prima persona quanto si possa fare per salvare vite umane. Anche banalmente senza muoversi da casa; è per questo motivo che organizzo eventi e scrivo brani atti a sensibilizzare sull’argomento. Se tutti gli utenti social che passano ore davanti agli smartphone, firmassero le petizioni online (tempo massimo 20 secondi), avremmo modo di salvare centinaia di vite. Gli Andead prenderanno parte il prossimo 28 marzo all’evento “Amnesty In Rock 8” a Milano e per l’occasione, oltre a suonare i brani che hanno già ricevuto il patrocinio di Amnesty International (“I see these bombs” e “#DEFEND”), presenteremo un nuovo singolo che tratta il tema dell’ “hate speech”.

Percepisci ancora questa forza e voglia da parte dei cittadini di difendere i diritti umani?
Ho estrema fiducia nelle nuove generazioni; ho conosciuto i “gruppi giovani” di attivisti per i diritti umani e ne sono rimasto piacevolmente affascinato. La loro conoscenza del mondo del web gli permette di seguire le cause con estrema semplicità e di avere in mano tutti i dati utili per raccontare con dovizia di particolari le petizioni che chiediamo di firmare. Forse serve solo un po’ di sfrontatezza per farsi realmente ascoltare anche da chi sembra disinteressato. E qui entra in gioco la musica e soprattutto un genere come il punk, da sempre rivolto al sociale e dal forte impatto sonoro.

Il rock può essere ancora motore trainante di cambiamenti come nei ruggenti ’60-’70 o, come visto in recenti casi da Trump alla brexit, ha perso la sua forza?
Purtroppo abbiamo visto come una massa di persone, dallo scarso profilo culturale, sia facile da manipolare. L’incitamento all’odio da parte di determinate figure politiche (ma non solo, esiste questo atteggiamento anche nel settore dell’arte e dell’azienda) ha creato veri e propri mostri che si esprimono ogni giorno sui social, attraverso commenti che violentano il concetto stesso di “essere umani”. Bisogna invertire questa tendenza, ma con metodo e apertura mentale. Noi siamo una microscopica realtà, ma invitiamo ogni sera a riflettere su questo argomento: non siamo nati per odiare.

Tornando al nuovo album, rispetto i precedenti lavori mi è parso molto più ricco di suoni e contaminazioni che lo rendono particolarmente moderno e tocca tanti generi, dal punk al folk. Mi pare meno ‘ruspante’ degli album passati, ma con una attenzione e una produzione di alto livello, è il risultato che volevate ottenere? Cosa è cambiato rispetto al passato?
Sicuramente ci sono molte nuove sonorità rispetto al passato; è frutto di una composizione “corale” che ha visto coinvolta tutta la band. L’arrivo del nuovo membro ufficiale del gruppo, Giovanni “Macca” Riccardo, ha portato una ventata di novità nelle soluzioni chitarristiche e negli arrangiamenti. La produzione è stata affidata a Gianluca Veronal, fonico residente dell’Attitude Studio di Milano e fondatore con me del progetto Andead: conoscendo ogni singola rifrazione sonora di quell’ambiente, è riuscito a massimizzare ogni ripresa. L’ottima intesa creatasi con Giovanni Bottoglia di IndieBox Music Hall ha permesso di concretizzare il tutto in fase di mix e master. E’ sicuramente il lavoro meglio prodotto fino ad oggi. Non lo trovo però meno ruspante rispetto ai precedenti; ho pensato molto ai gruppi della scena cosiddetta “org core” americana e ad uno in particolare, gli Avail, dei quali sono fan dal 1998. L’utilizzo di una voce rotta (in questa caratteristica magari può sembrati vicino al cantautorato folk odierno) su chitarre distorte, dalle linee melodiche aperte, mi sembra oggi la soluzione più utile a far percepire l’intensità di un testo, in un brano di 3 minuti.

In Gratification Breakdown vi siete voluti togliere qualche sassolino dalla scarpa, il che mi ricorda un poco la storia dei Timoria che mi raccontò Omar, cosa vi avevano criticato e che bella soddisfazione avete adesso?
Durante i primi anni di vita del progetto, è stato difficilissimo separare il concetto di “la band di quello della radio” dalla realtà di un gruppo punk valido sotto diversi aspetti. Molti siti/riviste si sono concentrati più sulla mia figura che sul prodotto che stavano recensendo; alcuni giornalisti hanno convogliato tutta la loro frustrazione in quelle recensioni, pur senza omettere che i dischi erano ben prodotti e suonati con qualità. Ora che il mio ruolo di speaker radiofonico non fa più notizia, anche i più strenui detrattori hanno dovuto fare i conti con quello che è la band di per sé e molti hanno ritrattato le loro posizioni, affermando di aver preso parola sugli Andead accecati dal pregiudizio. Oggi, complice anche la ritrovata collaborazione con IndieBox (realtà che nel contesto del punk italiano la fa da padrone), possiamo finalmente giocare nello stesso campionato degli altri gruppi, senza dover più giustificare la nostra presenza in determinati contesti.

Progetti futuri? Ci sono già due date del tour segnate, possiamo sperare di vedervi in giro per tutta Italia?
Le prime date sono già fuori su tutti i nostri spazi e su quelli di IndieBox Music. Immaginiamo che i mesi caldi saranno quelli che ci vedranno in assoluto più impegnati, ma non sappiamo ancora se in grandi contesti o in realtà più a misura di band. Stay tuned! Nei prossimi mesi abbiamo in serbo altre sorprese…

Hai qualche ascolto che ti piace al momento da consigliare ai lettori (oltre gli Andead)?
Restando sul genere che prediligo, segnalo gli Spanish Love Songs, i 13 Crowes e i Cold Years. In ambito folk/cantuatorato ho trovato validi i lavori di Mighty Oaks e Nathan Gray, fino ad arrivare ai nuovi album di Myrkur e Mayhem (se volete spingervi un po’ oltre la vostra zona di comfort).

MAURIZIO DONINI 

Band:
Andrea Rock: vocals
Gianluca Veronal: guitar
Macca: guitar
Joe La Jena: bass
Casio: drums

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