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MODENA CITY RAMBLERS, Sentieri Clandestini Tour-Live @ Hiroshima Mon Amour To 30-10-2015

MODENA CITY RAMBLERS, Sentieri Clandestini Tour-Live @ Hiroshima Mon Amour To 30-10-2015

L’ultima tappa italiana del Sentieri Clandestini Tour va in scena a Torino alla vigilia di Halloween – ma forse sarebbe meglio chiamarla Samhain, in omaggio alle ispirazioni celtiche di questa serata. Tirate fuori dall’armadio i kilt, se li avete, o quantomeno la vostra kefiah più bella, e tirate fuori soprattutto i vostri ideali, quelli che tutti nascondiamo per proteggerli dal cinismo e dalla disillusione della vita quotidiana, e lucidateli per bene, perché dovranno brillare forte stasera.

I Modena City Ramblers non sono ancora apparsi che già dal pubblico si comincia a cantare, le parole di Contessa risuonano in un coro fatto da più di mille persone (il sold out era prevedibile). I Nostri salgono quindi sul palco col sorriso, Davide (Morandi, alla voce) con un improbabile outfit fatto di kilt bianco-nero e maglietta dell’Athletic Bilbao, gli altri con variazioni dello stesso tema (anche kilt e t-shirt dei Kiss con paillettes sono una bella accoppiata, sfoggiata da Francesco Moneti).  Si comincia proprio da Clandestino, la prima traccia dell’ultimo lavoro dei MCR, appunto Tracce Clandestine, un cd, come ci spiegherà Davide durante il concerto, fatto di brani rimasti in un cassetto, magari suonati qualche volta dal vivo ma mai apparsi in un album, recuperati e forniti di un “vestito” nuovo, brani intesi ad omaggiare artisti che sono stati per i Modena una fonte di ispirazione. Clandestino, cover di Manu Chao, serve a introdurre il tema delle emigrazioni, a ricordarci che “siamo tutti partiti con una valigia di cartone, un tempo”, rappresenta “un inno per tutti coloro che non sentono confini nei loro cuori e non li accettano nel loro quotidiano”. L’inizio è quindi in uno stile patchanka piuttosto soft, che inizia a scaldare e far divertire la band ed il pubblico, ma con If I shoud fall from grace with God (dei Pogues) si comincia a saltare; Morte di un poeta prende l’avvio da un bellissimo fraseggio di violino all’irlandese, per poi esplodere in una giga allegra, nonostante il testo triste (“ma lasciatemi qui nel mio pezzo di cielo ad affogare i cattivi ricordi”. Dall’Irlanda si va in Francia, con L’homme des Marais, brano dei Les Negresses Vertes, band che ha influenzato grandemente i MCR; poi si fa un salto nella old school con una gradita cover di Rock the Casbah (Clash), guarnita da un assolo di chitarra con un sound orientale. Il viaggio in cui i MCR ci stanno accompagnando si sposta adesso in America, con le note di Occupy Wall Street che ci incitano a riappropriarci delle nostre strade e delle nostre piazze. The ghost of Tom Joad è un inno alla lotta contro la povertà e la fame, una dolce ballad che dà un momento di respiro a chi finora ha ballato senza sosta. Prega Crest, di Pierangelo Bertoli, ci porta in una dimensione più dialettale (in dialetto sassolese, per la precisione) con un brano di classe ed anticlericale (“Solo i signori in chiesa hanno i posti già riservati”). “La prossima è una canzone che abbiamo scritto in un giorno soltanto, una canzone contro la guerra. Qualcuno dirà: che novità, i Modena che fanno una canzone contro la guerra. Ma la verità è che ce n’è ancora molto bisogno.” Sono queste le parole che introducono Trumpets of Jericho, l’unico brano di nuova composizione di Tracce Clandestine, arrangiato e registrato assieme a Terry Woods nel corso di tre giorni di live sessions in uno studio sperduto nella campagna irlandese. E’ poi la volta di un “set di polke”, registrato sempre negli studios irlandesi di Crookedwoods, che dà modo al pubblico di ballare mentre Davide assapora una sigaretta ai margini del palco, lasciando tutta la scena ai suoi compagni strumentisti, in un gioco di chitarre, flauti e batteria. La successiva è una delle canzoni più amate dai fan dei MCR, un pezzo bello e triste che non può che rimanere nel cuore di chi ha messo piede sulla verde terra d’Irlanda: In un giorno di pioggia le emozioni salgono, e la platea dell’Hiroshima canta con trasporto, rendendo chiaro alla band che “anche questa città è una delle nostre case”.  Tornano adesso in campo i Mano negra ad alzare di nuovo i bpm e a tornare ad un sound “extra-celtico”: Sidi H’Bibi è un canto d’amore arabo, che serve quasi da prologo per il rullo di tamburi con cui inizia Ebano. Un pezzo fra i più commoventi mai realizzati dal Modena, una storia di bellezza e dignità sconfitte dalla vita (it’s a long long night, it’s a long long time, it’s a long long road), un’altra storia di immigrazione che nelle intenzioni della band dovrebbe servire a ricordarci che dovremmo tutti essere più tolleranti. Pasta nera torna più indietro nel tempo, a parlare di quando i bambini del sud Italia erano considerati anch’essi immigrati al nord e non sempre visti di buon occhio; il messaggio però stavolta è più positivo: un tempo sapevamo che si poteva fare qualcosa di buono anche con poco, e che “dove si mangia in sei, si mangia anche in sette”. Per i Morti di Reggio Emilia rievoca un altro tragico momento della nostra storia recente, la strage del 7 Luglio 1960, già più volte suonata dal vivo con diversi arrangiamenti. Questa lunga cavalcata fra Irlanda, Francia, America e Africa non può che concludersi con un “ritorno a casa”, un brano simbolo dell’Italia partigiana, orgogliosamente antifascista (ovviamente, Bella ciao), che però ci lascia ancora affamati di altre emozioni forti. Il palco infatti non resta vuoto a lungo: in risposta ai cori incessanti del pubblico, uno dopo l’altro si succedono Fischia il vento, Alza il pugno, Mia dolce rivoluzionaria, Cento passi, altri quattro brani simbolo di quegli ideali che ogni tanto è bene che escano dai cassetti, in una escalation di energia, di pugni alzati, di cerchi di giovani che ballano, saltano, cantano a squarciagola e si commuovono pensando alle antiche glorie dei loro nonni morti per la libertà. Un po’ svuotati da questa catarsi, è il momento di sedersi tutti per terra ad ascoltare la nostra Ninnananna, che conclude questo concerto, questo affascinante sentiero clandestino che, sotto la guida dei cantori di Modena, si snoda fra diverse culture e ci racconta ogni volta una storia nuova, profonda e toccante.

Un plauso ulteriore ai MCR, che dopo il concerto si dedicano ai fan concedendo decine e decine di foto, autografi e strette di mano, e si rivelano davvero alla mano concedendoci un brindisi al prossimo tour europeo (in partenza lunedì da Parigi, con i 99 Posse) all’ottimo bar dell’Hiroshima.

IRENE DOGLIOTTI
Photoset by ANDREA BOSCHETTI

SETLIST
Clandestino
Ahmed l’ambulante
If I should fall from grace with God
Morte di un poeta
L’homme des Marais
Rock the Casbah
Occupy Wall Street
The ghost of Tom Joad
Prega Crest
Trumpets of Jericho
Crookedwood polkas
In un giorno di pioggia
Mala Vida
Viva la vida
Chan chan
Sidi H’Bibi
Ebano
Pasta nera
Saluteremo il signor padrone
Per i morti di Reggio Emilia
Bella Ciao

Encore
Fischia il vento
Alza il pugno
Mia dolce rivoluzionaria
Cento passi
Ninnananna

Membri:
Luca Serio Bertolini: chitarra acustica ed elettrica, cori
Franco D’Aniello: tin whistle, flauto, sax, tromba, cori
Massimo “Ice” Ghiacci: basso, cori
Francesco “Fry”Moneti: violino, mandolino, chitarra elettrica, plettri vari
Davide “Dudu”Morandi: voce
Leonardo Sgavetti: fisarmonica e tastiere
Roberto Zeno: batteria, percussioni, cori

http://www.ramblers.it
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