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IRON MAIDEN @ Papp László Sportaréna (Budapest) 27/28-5-2025

IRON MAIDEN @ Papp László Sportaréna (Budapest) 27/28-5-2025

IRON MAIDEN: Live in Budapest 27-28 maggio 2025, Papp László Sportaréna

Grande attesa a Budapest il 27 maggio, per l’esordio del tour che festeggia i cinquant’anni di carriera degli Iron Maiden. Cinquanta se consideriamo quando la formazione inglese si è formata, perché sarebbero quarantacinque se consideriamo l’album omonimo di debutto datato 1980. Ma la band di Steve Harris ci presenta questo “Run For Your Lives World Tour 2025/26” come uno dei più grandi eventi da loro proposti. Sulla locandina è ben scritto, si suoneranno solamente brani che partono dal primo lavoro fino a “Fear of the dark” del 1992, diciamo il periodo più amato della band, e senza ombra di dubbio, quello ricco di capolavori, pubblicati uno dietro l’altro, tanto da consolidare la band inglese una delle più importanti band dell’heavy metal e del rock in generale.

Tanta è l’attesa dei fan, il toto-scaletta, chi spera che la band proponga qualche chicca mai suonata prima, o accantonata da anni, ci sono molte, moltissime aspettative tra i fan più incalliti. Quasi tutte le date sono già sold out da tempo. Molto atteso è anche l’esordio del nuovo batterista, Simon Dawson, chiamato a sostituire lo storico Nicko McBrain, che purtroppo ha dovuto lasciare la band, almeno per quel che concerne i live, per problemi di salute. McBrain, colpito da un ictus circa un paio di anni fa, è riuscito a portare a termine lo scorso tour della band, “Future Past”, durato due lunghi anni, ma evidentemente non ha voluto sobbarcarsi ulteriori responsabilità, che invece ricadono tutte su Dawson, già conosciuto ai fan dei Maiden per essere il batterista dei British Lion, band parallela del bassista e leader, Steve Harris. Da Budapest quindi parte questo tour, tanto atteso, con due date di seguito sold out all’Arena Papp László. La band già con un comunicato ufficiale su social nei giorni precedenti al debutto aveva chiesto ai fan gentilmente di godersi il concerto e spegnere i cellulari, in maniera tale da non dare fastidio agli altri spettatori e di goderselo come si faceva alcuni anni fa. Era anche scritto sui due grandi monitor laterali prima dell’inizio del concerto. C’è da ammettere che la maggior parte del pubblico, tranne pochi casi, ha rispettato abbastanza il volere della band, infatti finalmente, tranne alcune eccezioni, si vedeva il parterre come un tempo, come quando si andava ai concerti negli anni 80/90. La gente tutta lì a divertirsi e godersi il concerto senza quelle braccia tese con il telefonino come tanti robot, ma ad inneggiare e supportare i propri beniamini. Prima dei Maiden ad aprire le due serate ci sono gli Halestorm, di cui, per motivi vari, sono riuscito a vedere poco, mi spiace, non posso dare un giudizio e un parere sulla loro performance, da quel poco che ho visto mi è sembrata ottima, ma di più per correttezza, non posso esprimermi.

Siamo quasi alle ore 21 e parte l’intro che ormai tutti i fan degli Iron Maiden conoscono bene, dalle casse parte “Doctor Doctor” degli Ufo, e l’aria comincia già a riscaldarsi in tutta l’arena. Da diversi anni questo brano degli Ufo ‘avverte’ che il live della band inglese sta per iniziare. Terminato il brano (che i Maiden incisero anni fa anche come b-side) ecco (in parte prevedibile, ma ci sta tutto!) l’intro di “The ides of March”, che apriva il loro secondo lavoro “Killers”, del 1981. Il tutto supportato da alcuni filmati sul retropalco, che riportano agli esordi della formazione inglese. Terminato l’intro, finalmente svelato il primo brano, “Murders in the rue morgue” sempre dall’album “Killers” brano che non suonavamo da esattamente vent’anni. Ancora dal secondo lavoro vengono pescate a seguire “Wratchild” e la stessa “Killers”, quest’ultima era stata proposta dal vivo l’ultima volta nel lontano ormai 1999. La band è in ottima forma, l’inizio sembra lasciare i fan abbastanza soddisfatti, si prosegue scegliendo dal primo lavoro, ed è il momento di “Phantom of the opera”, uno dei capolavori assoluti della band. Molto belle le immagini proposte sui ledwall dietro il palco, sostituiti ai ‘soliti teloni’ usati per tanti anni. Si va avanti quasi in ordine cronologico ed è la volta di “The number of the beast”, 1982, super-classico immancabile nei live-set della band. Si prosegue facendo un salto direttamente nel 1998, con “The Clairvoyant”, uno dei tre singoli tratti dall’album “Seventh son of a Seventh son”, per poi dedicare un vero e proprio tributo a “Powerslave” del 1984, con tre brani di fila: l’omonimo, “2 minutes to midnight” (anche questa tra le immancabili, forse anche troppo) e la suite “Rime of the ancient mariner”. Onestamente non mi aspettavo la scelta di brani di lunga durata (dal sottoscritto molto gradita) data la possibilità di inserire più brani possibili in appena due ore di set e dato il loro lunghissimo repertorio da cui poter attingere, ma dopo una prevedibile ma dal pubblico graditissima “Run to the hills”, ecco la chicca della serata, altro brano che raggiunge quasi i dieci minuti di durata, “Seventh son of a Seventh son”. Fin qui la scaletta è ben equilibrata tra classici ‘immancabili’ e pezzi ‘non proprio comuni’.

Successivamente si dà sfogo alle hit, per molti le solite, dall’immancabile “The trooper” al classico “Hallowed be thy name” cantato da Bruce Dickinso all’interno di una gabbia (bello il filmato alle spalle in 3D). A seguire altro classicone, “Iron Maiden”, dove i fan più scafati si aspettavano spuntare il solito Eddie gigante dietro la batteria, invece stavolta spunta in una nuova e rinnovata ‘versione 3D’, molto bello a livello scenico. Per i nostalgici (un po’ come me anche), gli Eddie che siamo abituati a veder camminare sul palco sono apparsi durante “Killers” e “The trooper”, facile intuire quale versione dell’Eddie. Ci si ferma qualche attimo in attesa dei bis, e la band torna con un altro brano tratto da “Powerslave”, l’album più gettonato stasera dalla band. Parliamo di “Aces high”, annunciata dall’intro “Churchill’s Speech”. A seguire le ‘prevedibili’ (dato che ci siamo avvicinati alle due ore di live-set) “Fear of the dark” e “Wasted years”. Che dire, la performance della band è ottima, Bruce Dickinson, già in formissima negli ultimi tour, è più in forma che mai, solo nei bis, non essendosi per nulla risparmiato durante la serata, soprattutto la prima delle due serate, su “Fear of the dark” si contiene un po’, rimanendo su ottimi livelli, ma vi assicuro, un Dickinson in ottima forma, nulla da dire. Lo stesso dicasi per la band, ineccepibile, come da anni ci hanno insegnato, unico dubbio che rimane e che ha scatenato un po’ di polemiche sui social, la performance del nuovo batterista. Certo, a mio parere, non è probabilmente il miglior batterista che si potesse chiamare a sostituire uno come Nicko, è completamente diverso come stile, intanto non ha la batteria di Nicko, ne ha una nettamente ‘più semplice’ o ‘sobria’ ma non è certo questo il punto. Per me è un ottimo batterista, forse anche più potente di Nicko, non ha il suo tocco ‘jazzato’, qualche volta in qualche passaggio sembra aver fatto alcuni errori, è anche vero che siamo alle prime due date, magari deve ancora rodare con il resto della band, non lo condannerei sinceramente, come molti hanno fatto sui social, certo è che non è Nicko, e bisogna abituarsi a questa idea. Infatti Bruce soprattutto nella prima serata lo ha presentato diverse volte, il pubblico lo ha accolto bene sì, ma non con un boato, onestamente. Vedremo col tempo, augurandogli però di fare il meglio possibile con la band. Altro motivo di polemica sui social, la scaletta dei brani scelti. Chi ha scritto che è stata la migliore di sempre, chi delusissimo. Partiamo dal presupposto che è una band che dai quei primi nove album poteva suonare qualsiasi cosa, sono album quasi tutti da dieci e lode (almeno fino a “Seventh son…”) ma, resta il fatto che, sono mancate le sorprese per chi si aspettava qualcosa di mai suonato o rispolverato, è anche vero però che è una scaletta che bilancia super-classici e brani, pochi, non scontatissimi. Purtroppo, bisogna tenere conto che tra il pubblico, non tutti hanno visto la band quasi ogni anno dal vivo, molti sono alle prime volte, anche il sottoscritto che ha visto i Maiden la prima volta nel 1990 e da allora non ha perso un tour, vorrebbe ascoltare meno brani ‘stra-abusati’ come “Number”, “Trooper”, “2 minutes”, ma, mi rendo conto, che quando vengono suonate, sono le più acclamate. Ho visto gente andare al bar durante “Seventh son…”, il brano invece da me più gradito in assoluto, ma come, suonano un pezzo di quel calibro e tu vai al bar? Questo dimostra che non siamo tutti uguali, e che quindi la scelta della setlist non accontenterà mai nessuno. Certo, si poteva forse fare di più, hanno escluso completamente l’album “No prayer for the dying”, in effetti dei nove menzionati, il più debole, però un brano rappresentativo si poteva pur fare, evidentemente la band ha preferito fare altre scelte. In definitiva, a mio parere un ottimo live, che mi ha divertito e piaciuto molto. Anche io speravo in una “Invaders”, o una “The prophecy”, ma nulla, in ogni caso va bene così, avere ancora i Maiden nel 2025 suonare a questi livelli, teniamoceli stretti, sono pochi ancora i gruppi che riescono a proporti uno show del genere. Forse un po’ più ‘minimalista’ il palco per certi versi, sicuramente più moderno per altri. Li aspettiamo adesso a Padova il 13 luglio. Up the Irons!

Giovanni Verini Supplizi

BAND:
Bruce Dickinson – voce
Dave Murray – chitarra
Steve Harris – basso
Adrian Smith – chitarra
Janick Gers – chitarra
Simon Dawson – batteria

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SETLIST:
The ides of March
Murders in the rue morgue
Wrathchild
Killers
Phantom of the opera
The number of the beast
The clairvoyant
Powerslave
2 minutes to midnight
Rime of the ancient mariner
Run to the hills
Seventh son of a seventh son
The trooper
Hallowed be thy name
Iron Maiden
Aces High
Fear of the dark
Wasted years